Antonio Agostini, PhD

Qual é stata la tua formazione?

La scienza e la tecnologia sono sempre stati i miei principali interessi fin da bambino. Sono cresciuto, infatti, guardando i documentari del National Geographic, giocando a modificare il mio PC ed eseguendo esperimenti di chimica fatti in casa. Per questo motivo fin dagiovane avevo scelto il mio percorso di studi. Mi sono laureato in Biotecnologie e in Biologia ed Evoluzione Umana presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Dopo la laurea magistrale ho deciso di frequentare un corso di dottorato all’estero per potere apprendere quelle che nel 2014 erano le appena nate tecnologie multiomiche. Per fortuna, ho incontrato la Prof.ssa Francesca Micci che mi ha chiesto di unirmi al suo gruppo, la sezione di Citogenetica del Cancro al Norwegian Radium Hospital di Oslo all’epoca guidata dal Prof. Sverre Heim. Ho iniziato il mio dottorato di ricerca nel 2015 sotto la supervisione della Prof. Francesca Micci e del Dr. Ioannis Panagopoulos. La mia ricerca si è concentrata sulla caratterizzazione genomica e trascrittomica di tumori ginecologici per identificare aberrazioni cromosomiche ricorrenti e caratterizzare le loro conseguenze trascrittomiche su geni e miRNAS; al fine di sviluppare nuovi marcatori diagnostici e prognostici. Durante quegli anni ho sviluppato un insieme di competenze che vanno dalla bioinformatica alla biologia molecolare; infatti ancora passo metà dell tempo sotto la cappa per colture cellulari e metà davanti al PC.

Perche’ hai scelto di fare ricerca sul tumore al pancreas?

Durante il dottorato ho sviluppato un crescente interesse per l’oncologia traslazionale e quindi ho deciso di spostare la mia ricerca su questo campo. Nel 2020 mentre cercavo una posizione da post-doc ho incontrato il Dott. Carmine Carbone e la Dott.sa Geny Piro che mi hanno invitato a unirmi a loro nel gruppo di Oncologia Medica della Fondazione Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” guidato dal Prof. Giampaolo Tortora. Il nostro gruppo ha diversi progetti traslazionali su diversi tipi di tumore, eppure sono principalmente coinvolto nella ricerca sul cancro del pancreas perché sono affascinato dal suo incredibile e complesso sistema di interazioni tra le cellule tumorali e le cellule del microambiente. Questa complessità tuttavia è un puzzle intrigante da risolvere per i biologi computazionali come me.

Di cosa si occupa la tua ricerca?

Come biologo computazionale sono coinvolto in diversi progetti del nostro gruppo che vanno dallo sviluppo di nuove terapie per il cancro del pancreas allo studio della sua oncogenesi. Il nostro gruppo ritiene che un approccio multi-omico sia essenziale per fornire una comprensione approfondita del cancro al pancreas, pertanto utilizziamo un serie di tecnologie multiomiche come proteomica e metabolomica, RNA-seq a singola cellula, e trascrittomica spaziale. Il progetto di ricerca in cui sono maggiormente coinvolto è la caratterizzazione trascrittomica spaziale della neoplasie mucinose papillari intraduttali (IPMN) che fa parte del progetto AIRC MFAG del Dr.Carbone. Queste lesioni sono il precursore del cancro al pancreas e abbiamo voluto studiare la loro degenerazione da una neoplasia benigna a cancro. Abbiamo iniziato a riflettere sui problemi che di solito affliggono i progetti su IPMN, come la disponibilità di soli campioni fissati in formalina, le piccole dimensioni di queste lesioni e la loro scarsa cellularità; e abbiamo quindi deciso di passare da un approccio in-bulk a una tecnologia con una risoluzione di poche decine di micrometri. Abbiamo infatti trovato una soluzione nella trascrittomica spaziale e in particolare nell’applicazione Visium FFPE di 10X Genomics. Questa tecnologia offre l’opportunità ottenere il trascrittoma di regioni di tessuti di 55 µm. Abbiamo costruito un array di tessuti da analizzare con Visium raccogliendo IPMN benigni, intesi come lesioni originate da pazienti che non hanno mai sviluppato il cancro al pancreas, e IPMN maligni con il loro PDAC associato. La messa a punto del protocollo non è stato facile e ci sono voluti quasi 6 mesi; ma i risultati che abbiamo ottenuto sono sorprendenti. Abbiamo trovato i principali fattori di trascrizione coinvolti nella degenerazione da IPMN di basso grado a quello ad alto rischio. Inoltre, abbiamo trovato diversi marcatori genici associati alla diverse morfologie di IPMN e al loro grado di malignità. Abbiamo convalidato questi risultati in collaborazione con l’ICGC su una coorte di validazione di 57 IPMN analizzati con il GeoMx, un’altra soluzione di trascrittomica spaziale. Questi risultati ci hanno permesso di capire quali sono i meccanismi che guidano i primi stadi dell’oncogenesi pancreatica, ci hanno permesso di avviare altri progetti sulla base di questi risultati entusiasmanti. In questo momento, stiamo testando la funzione dei geni associati alla malignità delle IPMN negli organoidi derivati da pazienti con IPMN stabiliti dal Dr. Carbone, da me e dal gruppo del Prof. Vincenzo Corbo; anche menbro della Italian Pancreatic Cancer Community (IPCC).

Quali sono le prospettive future e l’impatto del tuo lavoro?

Il cancro al pancreas non dà quasi nessuna possibilità di sopravvivenza perchè in quasi tutti i casi si presenta nella fase avanzata della malattia. Anche se l’IPMN può essere rilevato in anticipo in alcuni casi, non è sempre facile per i clinici capire se una lesione è maligna o meno; scegliere la resezione pancreatica o optare per un periodo di sorveglianza clinica. Tuttavia questo periodo di sorveglianza ha un profondo impatto sulla qualità della vita dei pazienti, che possono soffrire di grave ansia e depressione. Inoltre, diversi studi hanno dimostrato che in una buona percentuale di pazienti la sorveglianza clinica può fallire. Nonostante gli enormi sforzi compiuti non esistono al momento marcatori clinici che possano determinare la malignità delle IPMN. Se i nostri risultati saranno convalidati in altre serie di campioni indipendenti, non solo avremo una conoscenza più approfondita dello sviluppo dell’IPMN, ma avremo anche marcatori prognostici da poter utilizzare in clinica. Speriamo che questi marcatori che abbiamo identificato possano aiutare i medici a capire in anticipo come intervenire, prevenendo molti casi di cancro al pancreas.

Perché è importante fare parte di I-PCC?

L’IPCC mi ha dato l’opportunità di condividere conoscenze con ricercatori che lavorano sullo stesso argomento ma da una prospettiva diversa.  Questo scambio di vedute sulla complessità del cancro del pancreas mi permette di pensare ai miei progetti in modi diversi, trovando nuove idee e strategie per affrontare questo tipo di cancro incredibilmente aggressivo.

Quando non sei in laboratorio, cosa ti piace fare?

Di solito mi rilasso suonando e ascoltando musica, o uscendo a bere qualche birra con gli amici.